I cyberattacchi alle PMI, quanto ci costano!
In Italia le PMI sono 148.531 (definizione Commissione Europea, fonte Salesforce). Parliamo quindi di una forza economica che rappresenta il 24% della generazione di ricchezza del Paese occupando oltre 4 milioni di persone, con un giro di affari di 886 miliardi di euro, pari al 12.6% del PIL. Dal 2017 le PMI hanno recuperato livelli di redditività elevati continuando a rafforzare gli indici di stabilità finanziaria, diventando decisamente più solide rispetto a un decennio fa quando la grande crisi del 2008 causò una vera e propria morìa di imprese in Italia (qui trovi il rapporto Cerved 2018). Nonostante un 2020 piuttosto duro non solo sul piano sanitario ma anche su quello economico, lo scenario è quello di aziende solide e pronte ad affrontare le sfide del futuro e buoni investimenti. Se però c’è molta attenzione alla solidità del business e del patrimonio, molta meno cura viene riservata alla protezione dei dati, vero patrimonio di ogni azienda. Ecco quindi che i cyberattacchi trovano terreno fertile e prospero.
Le armi di difesa dal cyber risk: consulenza e assicurazione
Nonostante oggi le aziende italiane siano costantemente esposte ad attacchi informatici, solo una quota minoritaria ha raggiunto una consapevolezza digitale tale da comprendere che non è sufficiente un buon antivirus o un buon firewall per mettersi al riparo da azioni malevole. La nuova corsa agli armamenti difatti non scorre più nell’approvvigionamento di armi fisiche, caratteristica che ci ha accompagnato fino alla fine della Guerra Fredda, ma attraverso attacchi informatici alle infrastrutture di aziende e governi. Lo scopo è spesso estorsivo e ricattatorio, ma non sono rari attacchi di matrice politica. Il cyber risk è una minaccia concreta, ma gli strumenti per difendersi esistono.