Il bigrigio e i suoi fratelli – #TBT
Vi presentiamo una nuova rubrica mensile! Da oggi e per tutto l’anno vi terremo compagnia una volta al mese raccontandovi di tutta quella tecnologia che è sparita dai nostri radar, ma che ha rappresentato tanto per l’innovazione, la società e la nostra crescita. Ci concentreremo in particolare sulla telefonia, facendovi salire su una specie di macchina del tempo piena di ricordi. La prima puntata è dedicata a una specie di mito: il telefono bigrigio e la sua “dinastia”.
Abbiamo deciso di chiamare questa rubrica #tbt, come l’hashtag nato su Instagram che accompagna il momento del ricordo. La sigla significa letteralmente throw back tuesday (o thursday), ovvero battezzare il martedì o il giovedì come giorno della settimana in cui si postano vecchie foto e ci si lascia andare alla nostalgia. Nel nostro caso, la facciamo diventare throw back technologies, per raccontarvi un come eravamo a base di schede madri e chip incollati con il saldatore a stagno. Read More
Ho Mobile, data breach che preoccupa
I clienti Ho Mobile hanno trovato un bel regalo sotto l’albero di Natale. Le notizie che si stanno rincorrendo in queste ore, se confermate, sarebbero gravissime: l‘MVNO di proprietà di Vodafone avrebbe subito un consistente data breach, con le informazioni personali dei propri clienti in vendita sul dark web. Il condizionale è d’obbligo perché finora il gestore ha negato tutto, ma ha avviato un’indagine interna. Si potrebbe trattare del primo data breach subìto da un operatore di telefonia. La cosa suona molto grave prima di tutto perché riguarda qualcosa che letteralmente tutti abbiamo nelle nostre tasche e poi perché va a sfatare un mito ormai consolidato, ovvero che le compagnie telefoniche siano in grado più di altre realtà di avere cura dei dati dei propri clienti. Se siete clienti Ho e non sapete cosa fare, vi aiutiamo noi!
Feature phone, tra nostalgia e necessità
Ce li ricordiamo tutti: sono i cellulari “vecchia scuola”, dal design ormai vintage, con la tastiera fisica, lo schermo piccolo e le funzioni di base. Hanno un nome, si chiamano “feature phone” e, un po’ a sorpresa, risultano ancora nel 2020 vendutissimi. Non si tratta di soli nostalgici o appassionati di modernariato, né di convinti negazionisti della tecnologia. I feature phone coprono una fetta di mercato molto precisa che ancora adesso non può accedere ai modernissimi smartphone che abbiamo nelle nostre tasche. Andavano fortissimo negli anni ’90: non facevano tanto oltre che mandare sms e ricevere/effettuare telefonate, ma a noi sembravano già oggetti avveniristici. La batteria durava settimane (spesso perché il nostro numero ce l’aveva solo nostra madre), ci sentivamo grandi businessman solo avendoli tra le mani.
Rievocare i nomi dei modelli più venduti ora ci trascina in un vortice di nostalgia: Nokia 3310, Motorola StarTac, Ericsson T21, Alcatel One Touch, Panasonic GD90. Complici delle campagne pubblicitarie martellanti, erano il massimo della tecnologia che la maggior parte di noi poteva permettersi. Ora, sono dei buffi ricordi di “come eravamo”, di quante ore abbiamo passato vagando per la casa alla ricerca del segnale, delle notti insonni aspettando un sms. Si chiamavano telefonini, ora sono feature phone.
Google Trends, cosa resterà del 2020
Ogni volta che scriviamo una parola e poi clicchiamo “cerca con Google”, il motore di ricerca con la grande G fa due cose: ci restituisce il risultato della ricerca e memorizza il termine che abbiamo cercato. Le parole più cercate servono a Google per proporci pubblicità mirate e agli analisti della Rete per conoscere i trends più in voga del momento.
È sorprendente scoprire quello che le ricerche degli utenti possono rivelare. Google Trends è lo strumento che ci apre il magico mondo della ricerca parole chiave: cosa ci racconta di questo 2020 che sta avviandosi a conclusione?
Cinque epic fail tecnologici che devono insegnarci qualcosa
La traduzione di “fail” è molto semplice: si tratta, letteralmente di un “fallimento”. Quando è particolarmente clamoroso, quasi epico, diventa un “epic fail”. Questo modo di dire è diventato particolarmente popolare nell’ultimo decennio per descrivere un’impresa annunciata in pompa magna e poi finita rovinosamente. L’espressione è anche stata inserita come neologismo all’interno della Treccani nel 2013. La storia della tecnologia è piena di epic fails, storie iniziate male e finite peggio oppure rivoluzioni che si sono rivelate nient’altro che bolle di sapone. In questo articolo ripercorriamo insieme cinque fallimenti tecnologici recenti e non, per ricordarci innanzitutto che anche i più grandi possono sbagliare e che l’imprevisto è sempre dietro l’angolo, anche quando ci sembra di aver pensato proprio a tutto.
Odi et amo: i banner e la pubblicità su Internet
Sono passati esattamente 26 anni da quel 27 ottobre 1994, giorno in cui sul sito statunitense hotwired.com comparve un annuncio molto inusuale: inquadrato in un rettangolo nero, delle lettere colorate chiedevano: “hai mai cliccato con il tuo mouse proprio QUI?” e una freccia indicava la risposta, nell’angolino, lapidaria: “LO FARAI”. Si trattava del primo banner pubblicitario della storia di Internet, che una volta cliccato rimandava ad un adv dell’operatore telefonico AT&T.
Buon compleanno Ipod, il nuovo millennio della musica
23 ottobre 2001, Cupertino. Steve Jobs presenta al mondo il primo Ipod, un rivoluzionario (come era nel suo stile) oggetto destinato a cambiare per sempre un intero mercato. Un lettore di musica digitale tascabile, dal design ricercato, con un sottilissimo hard disk da 5 gb per ascoltare 12 ore di brani. Disponibile solo nel colore bianco con scocca in policarbonato, veniva venduto con le sue cuffie in abbinato e aveva il display in bianco/nero. La fortuna di Ipod e di tutti i prodotti affini nati negli anni successivi risiede nel cambiamento che fu capace di portare nell’industria musicale. Lo straordinario successo della prima versione diede il via a una serie molto prolifica e redditizia per Apple e causò un profondo cambiamento nel modo di intendere la produzione e la fruizione della musica.
Linkedin introduce le videochiamate, novità per il social
Linkedin è un social network i cui numeri sono in costante ascesa. Gli iscritti in Italia, ad esempio, sono più di 12 milioni, su una base mondiale che supera i 700 milioni. A cosa serve realmente Linkedin? Inizialmente era concepito per essere un social esclusivamente business: nient’altro che un luogo dove domanda e offerta di posti di lavoro potessero incontrarsi. Con il crescere della sua popolarità e soprattutto dopo l‘acquisizione di Microsoft (avvenuta nel 2016) l’offerta di questa piattaforma si è strutturata sempre di più. Oltre ai servizi professionali di recruiting, sempre più spazio è stato dato alle notizie con fonti verificate, con il risultato che il businessman che utilizzi Linkedin oggi possa farlo sia per far crescere la sua azienda, per trovare nuovo personale o semplicemente per informarsi scremando il flusso di notizie in base ai settori di suo interesse.
GDPR, arrivano le sanzioni ed è record per l’Italia
Quando è entrata in vigore la legge europea per il GDPR (di cui abbiamo ampiamente parlato su questo blog), uno dei primi aspetti su cui si è posto l’accento è stato quello delle sanzioni. Nel momento in cui si sono poste le basi per la definizione del nuovo quadro normativo, infatti, si sono anche dovute definire le sanzioni da comminare in caso di mancata ottemperanza alla legge. Su questo, la legge concede ai singoli Stati la libertà di decidere metodologie di controllo e entità delle multe attraverso i propri organi preposti alla vigilanza (tipo il Garante della Privacy italiano, per intenderci), sulla base del proprio ordinamento giuridico. Ne consegue un’ovvia disomogeneità nella gestione della materia all’interno del territorio europeo, ma all’avvicinarsi della fine di un anno particolare come è stato il 2020 è già possibile trarre delle conclusioni.
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