La Rete in Italia: la dura prova del lockdown

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La Rete e l'emergenza sanitaria

L'emergenza sanitaria che stiamo vivendo (o "lockdown" come piace ai media) sta facendo emergere tutta una serie di difficoltà tecniche che prima erano solo teoriche o, se preferiamo, taciute.

In primis l'accesso e la fruizione della rete internet che ha subìto una vera e propria rivoluzione nel giro di poche ore, contestualmente all'annuncio delle misure restrittive del Governo agli inizi di marzo. Se prima la Rete poteva essere gestita con una sorta di sistema binario (da una parte le aziende con le loro connessioni dedicate al lavoro e dall'altra le abitazioni, con le linee sfruttate essenzialmente per intrattenimento), ora tutto si è sovvertito. Il centro di tutto è diventato, giustamente, la casa e tutto passa da lì: didattica online, sessioni d'esame da remoto, smartworking. Quando si finisce di lavorare, poi, ritorna la dimensione "ludica" per sopperire al fatto di non poter uscire e quindi streaming audio/video, tv via cavo, videogiochi online, videochiamate.

Un sistema in difficoltà

Quello che appare ovvio anche ai meno esperti è che il sistema internet sia sottoposto a uno sforzo che va oltre le sue capacità oggettive e che sia in seria difficoltà: se le aziende potevano contare su connessioni molto più robuste e affidabili, gestite con diverse tecnologie di accesso e con infrastrutture di livello superiore (in virtù del fatto che una connessione aziendale costa dal 30% al 50% in più di una domestica, parlando di entry level), lo stesso non si può dire ovviamente delle case. Da sempre, in Italia la rete di distribuzione internet per i privati si appoggia quasi totalmente all'infrastruttura in rame realizzata da Telecom a partire dagli anni '60, alla nascita di SIP. Basterebbe già questo a spiegare la situazione: la rete di distribuzione, per quanto molto capillare, è in molte sue parti obsoleta e inadeguata a reggere un quantitativo di traffico così ingente come è quello di questi ultimi giorni.

Sovraccarico e congestione

L'immagine di seguito è un punto di partenza per spiegare la situazione che sta vivendo la rete italiana in tempo di lockdown:

La linea parte dalla centrale e attraverso i cavi sotto strada viene distribuita alle varie abitazioni che si trovano nelle vicinanze. I cavi possono essere di ultima generazione, in fibra ottica (verdi nella foto) oppure di vecchia generazione, in rame (in rosso nella foto). Quello che l'immagine ha semplificato all'estremo e non ha indicato è il numero di case collegate agli stessi cavi di servizio: sono tante (c'è chi direbbe troppe). Il motivo della congestione è essenzialmente questo: la banda viene suddivisa in troppi accessi simultanei e se i cavi non sono di ottima qualità, tipico della situazione dei collegamenti in rame, allora si hanno lag, cadute di linea, rallentamenti anche importanti fino a rendere il servizio inutilizzabile.

Serve lamentarsi con il proprio gestore?

La risposta è nì. Sicuramente è utile segnalare i down totali, ovvero le mancanze di linea persistenti. I tecnici del territorio possono ancora andare a lavorare sulle centrali e la maggior parte degli operatori ha un sistema di apertura ticket di guasto automatica che velocizza molto la segnalazione. Se però il problema è il rallentamento, le cadute, la cattiva qualità, allora non serve a molto. Non si tratta di un guasto ma di una "normale" risposta di una rete sotto stress. Provate a differenziare gli orari di accesso, se potete, o a ridurre i dispositivi collegati, staccando quelli che sono più voraci (decoder, console di gioco) e privilegiate il collegamento in lan anzichè in wi fi. Con questi piccoli accorgimenti potreste migliorare un po' la situazione.

La risposta dei grandi player

Per poter alleviare la congestione che la rete sta subendo in questo momento, i grandi player sul mercato che sfruttano internet come mezzo per la loro stessa sussistenza sono corsi ai ripari annunciando contromisure forse impopolari ma necessarie: Youtube, Netflix e persino la neonata piattaforma Disney + hanno deciso una riduzione della qualità della trasmissione per 30 giorni, permettendo la fruizione dei video solo in formato standard e non in HQ o 4K, al fine di garantire uguale accesso a tutti e preservare la banda, senza generare picchi. Questo ha portato da una parte sollievo negli operatori, che si sono visti alleggeriti di un carico non da poco, mentre ha scatenato il malcontento degli utilizzatori che non hanno visto diminuire le tariffe a fronte di una qualità dei servizi evidentemente non in linea con gli standard garantiti (e pagati).

Il Digital Divide che pesa ancora

Tanto è stato fatto dall'Europa e dai vari Governi italiani negli anni scorsi per colmare quello che è stato chiamato Digital Divide, ovvero la difficoltà di accesso ad una rete con buone performance da parte delle piccole realtà italiane (zone di periferia e industriali, aree montane o geograficamente isolate, paesini poco serviti). Tuttavia questa situazione eccezionale ci pone di fronte all'evidenza dei fatti: nonostante le buone intenzioni, ci sono ancora troppe disparità nella fruizione delle risorse e il piano nazionale di adeguamento alla banda larga si è rivelato farraginoso, lungo e rallentato dalla burocrazia, tanto da essere iniziato più di dieci anni fa (i primi interventi di Telecom in questo senso risalgono al 2006) ed essere ancora lontano dalla conclusione.

Se volete avere una visione d'insieme della rete di accesso in Italia potete usare il tool messo a disposizione gratuitamente da AGCOM al link https://maps.agcom.it/ , per capire che tipo di rete sta servendo la vostra abitazione e se è sotto stress o sta ancora performando a buoni livelli.

Pubblicato il:
26/3/2020
5/6/2024

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